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I ruoli in azienda: perché tanti problemi?

By Raffaele Lascia un commento

corso aziendaleLeggendo quotidianamente vari post su LinkedIn avevo in mente già da un po’ di scrivere qualcosa in merito ai ruoli e alle dinamiche aziendali.

Di recente, ho anche letto due post interessanti di Enrica Vincenti (che consiglio) ed ho colto l’occasione per approfondire ulteriormente l’argomento  partendo da un punto fondamentale: la consapevolezza dei ruoli e come funzionino.

La consapevolezza dell’importanza dei ruoli è fondamentale per avere una vita felice. Ovviamente il discorso è più che mai valido nelle dinamiche aziendali, tant’è vero che si dice che l’azienda è come una grande famiglia. Niente di più vero, casini compresi.

Mi spiego subito:
I ruoli rappresentano le funzioni sociali che svolgiamo, ci danno un‘identità sociale: ci sono i ruoli professionali, l’avvocato, l’operaio, l’artigiano e così via… Ci sono quelli che potremmo chiamare “ruoli prestabiliti”, che corrispondono ad archetipi sociali, per esempio, la casalinga, l’intellettuale, il “macho”, la seduttrice, l’artista, ecc.

relazione genitori figli Poi esistono anche i ruoli che corrispondono ai tratti di comportamento che ciascuno di noi assume più spesso, e che finiscono per diventare (erroneamente) la nostra identità, come il timido, l’estroverso, la vittima, il carnefice, l’imbranato, la persona sempre felice, ecc. Etichette insomma.

Infine i più importanti, i ruoli famigliari: il padre e la madre, i figli e tutti i gradi di parentela a seguire, nonni, zii, ecc.

Tutto ciò ha una sua utilità, perché sappiamo “chi” contattare e per quale motivo.

Facciamo qualche esempio: se ho bisogno dell’idraulico, non telefono ovviamente a un tizio che fa l’avvocato o, se il bambino ha desiderio della mamma, fa capricci a non finire quando ad esempio va il papà a consolarlo.

Ogni ruolo plasma la nostra energia innata e senza forma con una qualità energetica specifica, utile alla funzione che ricopriamo in un certo momento della nostra vita.

Naturalmente vale anche il contrario: se chiamo l’idraulico egli sarà chiamato a rispondere come tale, perché tutti si aspettano che l’idraulico conosca il proprio ruolo, cioè mestiere. Immaginiamo cosa accadrebbe se l’idraulico non sapesse chiudere un rubinetto dell’acqua..

Noi esseri umani però abbiamo la forte tendenza a dimenticare chi siamo veramente dietro i ruoli che impersoniamo: così facendo finiamo per identificarci nei ruoli stessi. Qui iniziano i guai.

ruoliNella vita privata in primis e, di conseguenza, (udite udite) in azienda (o più in generale nel lavoro), indipendentemente dal ruolo ricoperto.

Se, per esempio, subisco uno smacco a livello professionale e mi sono identificato col ruolo, magari mi sentirò un incapace o un fallito, mentre la realtà è che sono un essere umano intelligente, che ha fatto magari degli errori (si chiama vita) ma dai quali posso imparare e da cui ho l’opportunità di crescere.

Esistono alcuni ruoli che sono la base, l’essenza e la matrice di tutti gli altri. Questi ruoli si formano nell’infanzia, in famiglia.

Il primo di questi è il ruolo dell’autorità.

CHI È L’AUTORITÀ

ruoli leaderL’autorità è chiunque sta gerarchicamente sopra di noi perché, almeno in teoria, ha le competenze e le capacità di dare la direzione, di decidere a beneficio di tutta la comunità che a lui fa riferimento.

È colui che mantiene ciò che promette e che, per imparare a comandare, prima ha imparato ad ubbidire. In questo caso sto definendo un’autorità ideale, ossia autorevole.

Altra cosa è un capo autoritario, modalità in totale antitesi con quella sopra descritta. In ogni caso entrambi sono modi di esercitare un ruolo, quello dell’autorità.

L’autorevole è una modalità equilibrata, dove i dipendenti si sentono coccolati, importanti e al contempo responsabili, il capo sa essere serio ma non serioso, la sua leadership è riconosciuta dal gruppo perché si assume le responsabilità e non scarica colpe, ascolta le esigenze della sua squadra, è flessibile, non giudica e, sopra ogni altra cosa, è coerente.

leadership aziendaleL’autoritario invece è una modalità ricca di tensioni in quanto il comando, la leadership non è riconosciuta dal gruppo ma è ottenuta con la paura e la forza. È un capo che non da direttive, comanda e giudica. Sente il potere e non cura le relazioni umane con chi, gerarchicamente, sta sotto di lui.

Essere un buon capo richiede un enorme impegno e conoscenze perché:

  • Rivestire il ruolo di autorità è una cosa (es: mi promuovono direttore generale)
  • Sentirsi bene all’interno del ruolo è un’altra cosa ancora (es: sentirsi all’altezza)
  • Saper interpretare il ruolo ancora un’altra (saper esercitare l’autorità)

Nella nostra cultura di solito chi riveste il ruolo dell’autorità è il papà, mentre la mamma idealmente è colei che nutre e sorregge, anche se sappiamo che in molte famiglie e per svariati motivi (il papà viene a mancare all’improvviso o non è quasi mai presente in casa a causa del lavoro…) può esserci un’inversione dei ruoli. Avremo quindi la mamma a dare la direzione e a decidere per tutta la famiglia.

Il nostro rapporto come figli nei confronti del papà (inteso come ruolo del padre o di chi interpreta l’autorità), ossia le dinamiche che sviluppiamo in famiglia nei confronti di tale ruolo, diventa il modello di tutte le nostre relazioni con:

  • le autorità sociali (forze dell’ordine, il comune, i professori, il datore di lavoro…),
  • gli uomini,
  • la capacità di fare, esercitare ed essere noi stessi l’autorità,
  • il coraggio
  • la capacità di prendere decisioni e agire,
  • avere le idee chiare
  • avere il senso di direzione (avete presente quando qualcuno si perde anche in casa per andare dal bagno al salotto?)
  • con l’energia maschile

Al contrario, il rapporto con la mamma, diventa il modello del proprio rapporto con le donne, con l’emotività (ascolto delle emozioni), con la sicurezza e la fiducia (in sé e negli altri).

Poiché nella vita adulta la sicurezza è rappresentata dall’avere una casa (inteso come un posto dove vivere), lavoro e denaro, il rapporto con la mamma ha un riflesso anche su di essi visto che è da questi aspetti che arrivano nutrimento e sostegno.

LE DINAMICHE DI TENSIONE

Alla luce di questo, ecco che una tensione col ruolo dei genitori (alzi la mano chi non ne ha) può comportare difficoltà in ogni area della vita collegata al ruolo del genitore col quale siamo in tensione.

Se, ad esempio, ho delle tensioni col papà, potrei avere problemi con le autorità sociali, spesso col mio capo sul lavoro, con gli uomini in generale o con me stesso come uomo, se sono un maschio.

Se sono invece un capo, non importa a che livello, potrei avere difficoltà nel farmi seguire e rispettare, nell’essere autorevole, nel prendere decisioni.
Se invece ho tensioni con la mamma potrei avere problemi nel rapporto stesso col lavoro, il denaro, con le donne o con me stessa come donna, se sono una femmina.

Che cosa intendo per “tensione”: la tensione con i genitori riflette il modo in cui i figli hanno percepito l’atteggiamento e l’operato dei genitori e non quello che essi hanno veramente detto o fatto. La nascita di tensioni fa parte del normale processo di crescita e sviluppo della personalità e la litigata (brutale o meno) è solo una delle modalità.

Sappiamo poi che “il mestiere dei genitori” è veramente difficile e gli errori sono sempre dietro l’angolo ma, questo, è indipendente dall’amore provato. Si diventa genitori sulla pelle dei figli, la vita funziona in questo modo e, se ci riflettete, ha perfettamente senso.

La sfida per i figli (quindi tutti noi) sta nel riconoscere l’amore dietro ogni gesto, parola o comportamento di mamma e papà. È facile? NO, proprio no. Ma si può fare, si deve fare, ne va del nostro equilibrio, della nostra felicità oltre che di una carriera professionale sana e positiva.

Si può anche affermare che i conflitti fra generazioni sono, fino a un certo punto, persino propedeutici. Tuttavia, quando siamo adulti, rischiano di condizionare negativamente la nostra possibilità di essere felici in quasi ogni campo della nostra vita.


E quindi nel lavoro?

Ora, visto che ho preso spunto da LinkedIn e che li si parla di lavoro, business e affini, ci tengo a evidenziare un concetto che spesso sfugge e che, purtroppo, molte persone ignorano:

la relazione con i nostri genitori è la base di tutte le dinamiche più importanti che viviamo e ad essa si possono ricondurre tantissime delle difficoltà che incontriamo nel nostro percorso di vita, tra cui anche quelle della sfera lavorativa (vi ricordo, se mai fosse necessario, che le difficoltà servono per crescere).

Le tensioni irrisolte in famiglia si riflettono su tutto il resto. Lo so che è una roba forte per qualcuno che entra in contatto con questi concetti per la prima volta ma il mio intento è aiutare e consapevolizzare, mai spaventare. In tal caso vi dico subito di stare tranquilli, si sopravvive comunque anche se l’obiettivo non è certo questo e, soprattutto, esistono valide soluzioni per la risoluzione di questi conflitti.

Intanto è bene rendersi conto di quanto segue. Vivi una o più di queste situazioni al lavoro o in azienda?

  • Il tuo capo (uomo o donna che sia) ti odia e/o sembra che ce l’abbia sempre con te?
  • Non ti senti riconosciuto/a in azienda per quel che vali?
  • Pensi che il tuo capo non capisca nulla, è inadatto al ruolo e tu lo faresti molto meglio di lui?
  • Ricopri un ruolo gerarchicamente elevato ma fai fatica e i tuoi dipendenti/sottoposti non ti ascoltano o non ti seguono come dovrebbero?
  • Sei un capo autoritario?
  • Hai cambiato azienda o lavoro più volte ma ti ritrovi sempre nello stesso film?
  • Guadagni meno di quanto meriteresti?

Bene. La matrice di queste dinamiche è frutto, 9 volte su 10, di una tensione irrisolta nella relazione con l’autorità.

ruoli chiari in aziendaQuindi no, non sei perseguitato o sfortunata, non stai antipatico al capo perché hai i capelli troppo corti o le unghie ben curate; no non sei vittima del Truman show, non sei un impedito/a e no, non sei un capo “hitleriano” perché sei fatto/a così o sei bastardo dentro.
Hai “solo” un conflitto con l’autorità. Anzi, col ruolo dell’autorità.

E chi è l’autorità primaria nella nostra vita? Ormai è chiaro: i nostri genitori, uno dei due in particolare come ho detto prima.

In azienda, quindi, la relazione col capo non è altro che un surrogato, uno specchio della nostra relazione col papà, o della mamma se è una donna (ricordate l’inversione dei ruoli?). Sia quando essa funziona che quando è densa di tensioni.

Suggelliamo il tutto. Come riporta Enrica Vincenti nel suo articolo, citando i dati forniti dalla letteratura accademica della psicologia delle organizzazioni:

  • l’85% dei dipendenti dichiara di abbandonare il proprio posto lavoro per via di una pessima relazione con il proprio diretto riporto. Pessima relazione a livello di mancanza di feedback positivi, assenza di riconoscimento e/o apprezzamento per il lavoro svolto.

Se fosse necessario specificarlo, questo dato tradotto in maniera spiccia dice che l’85% dei capi non è capace di interpretare il ruolo e non è autorevole. Non sa proprio esserlo.

Ancora una volta quindi, abbiamo la riprova provata che le dinamiche aziendali sono figlie di quelle famigliari. Così come i figli cercano amore, attenzioni e vogliono sentirsi riconosciuti dai genitori, lo stesso accade in azienda e/o nel proprio ambito lavorativo. 

Per concludere

Prima di concludere, voglio anticipare chi magari obietterà che oggi, dopo esser diventato adulto, afferma che sì in passato ha avuto delle tensioni coi suoi genitori (o uno in particolare, visto che è una cosa normale) ma che ormai fa parte del passato e che con loro adesso va tutto bene. Se riscontra una delle dinamiche che ho elencato sopra non può essere, quindi, collegata a quanto detto.

Io ho imparato una cosa sacrosanta: no sintom = no problem. Sintom = problem (Si lo so che si scrive symptom).

La domanda è: cosa c’è che non funziona nella tua vita lavorativa? Se qui tutto va bene, sono contento per te e vai avanti così. Poi però ripetiti la domanda senza la parola finale “lavorativa”.

Vedrai che in ogni caso, se scaviamo, si ritorna (tanto o poco che sia) al rapporto con le figure parentali. In questo post ho voluto inquadrare maggiormente la correlazione alla sfera del lavoro.

Prendere atto e consapevolezza di questo è, credetemi, un grande primo passo per il superamento delle difficoltà che ho elencato.

I passi successivi per risolvere queste dinamiche di tensione possono essere di vario tipo. Ovviamente io posso parlare e proporre quelli che conosco e che pratico. Qui trovi un esempio.
Chi fosse interessato ad approfondire in merito o volesse una consulenza può contattarmi qui.

Nel frattempo, se qualcuno ha piacere di commentare, se qualcun altro si ritrova in questi concetti o se volete offrire un punto di vista personale, io sono solo che contento di leggere e dialogare con chi scrive.

Intanto grazie per aver letto fin qui.
Raffaele

Per saperne di più:

Formazione AziendaleLetture consigliate: Essere Felici ORA!

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