
Le Traslazioni Spazio Temporali, note anche come tecnica TST, sono state messe a punto da Franco Bianchi nel 2003 ed agiscono sul livello energetico/spirituale della persona, con riscontri più che positivi a livello fisico.
Lo scopo di questa tecnica è di ricreare un equilibrio ottimale nelle nostre “fondamenta energetiche”, al fine di ricavarne maggior forza, determinazione, facilità nei contatti, relazioni affettive sane e costruttive, successo nel lavoro, felicità. Una guarigione spirituale nel senso più ampio del termine.
L’idea di base è che tutte le relazioni con la nostra famiglia d’origine (mamma, papà, fratelli e sorelle, nonni ecc..) rappresentano un modello, uno schema che in un modo o nell’altro, senza rendercene conto, replichiamo da adulti nella vita quotidiana, quindi sia sul lavoro che nella nostra vita privata.
Quando queste relazioni familiari sono in equilibrio, risolte e costruttive, andremo – energeticamente parlando – ad attirare spontaneamente nella vita adulta rapporti sani, felici, equilibrati. Ovviamente vale anche in contrario.
La T.S.T. si può attuare sia individualmente che in gruppo e viene utilizzata nel seminario Light Project del quale è asse portante. Ha applicazioni specifiche anche nei seminari aziendali attraverso la be happy now management.
Le 3 fasi della TST

In questa prima fase il facilitatore chiede alla persona di effettuare un semplice disegno (1) nel quale egli dovrà inserire, con i dovuti criteri suggeriti dal facilitatore stesso, tutte quelle persone che sono – o sono state – le più importanti della sua vita.
A questo punto chi conduce procede leggendo e interpretando tale disegno (mappa) con i criteri della tecnica T.S.T. Ogni persona che è stata inserita, rappresenta un ruolo; la collocazione all’interno del disegno esprime un concetto, una relazione di quel ruolo con il resto della famiglia.
Si scopre, in questo modo, che questo non è un semplice disegno ma una vera e propria mappa di percezione della realtà circostante, con punti di forza e di miglioramento, con ostacoli e supporti.
Oltre alle persone è possibile inserire ulteriori dettagli importanti, stati di coscienza come la sicurezza, la libertà, la paura e l’amore, rendendo queste uno strumento adattabile su misura del mappato.
Nell’ultima fase, una volta che la persona riconosce la lettura delle dinamiche fornita dal facilitatore come reale, sensata per sé e coincidente con ciò che accade nella sua vita, si procede al riequilibrio e alla risoluzione dei conflitti.
Si parte dall’idea che ogni ruolo ha una sua collocazione ideale all’interno della mappa, ed è proprio a causa di un posizionamento errato – peraltro diffusissimo – che si creano svariati disagi, ostacoli, blocchi e conflitti.

Lo spostamento e la ricollocazione saranno a cura del facilitatore, mentre il mappato sarà al centro del suo spazio con gli occhi chiusi, avvertendo così sensazioni ed emozioni relative agli spostamenti in corso. La mappa terminerà quando tutti i protagonisti sentiranno di essere al loro “giusto” posto.
Cambiata la mappa, oltre le proprie, si andranno automaticamente a modificare le percezioni delle persone inserite, ottenendo così un nuovo e più decisivo equilibrio globale.
Pur essendo un processo di consapevolezza non occorre assolutamente capire, in quanto non è un processo mentale ma squisitamente emotivo/spirituale, nel quale le cose, semplicemente, accadono. Ecco perché la TST è definita come una tecnica di quinta dimensione.
Di seguito un’esposizione per concetti sulle traslazioni spazio temporali a cura del Dott. Franco Bianchi:
- La realtà che ogni persona percepisce è filtrata dalle proprie percezioni, dal proprio modo di intendere la vita, dalle sue credenze. Quindi è evidente che tutto ciò che percepiamo è relativo ad ogni individuo. Dunque, ognuno crea la sua realtà di cui è fermamente convinto.
- La realtà percepita crea una serie di effetti collaterali: emozioni, decisioni, reazioni a tutto ciò che si ritiene VERO (persone, situazioni, emozioni…)
- L’insieme di tutte le percezioni che riguardano la propria persona ha il nome di autoimmagine. Tutto ciò che io credo essere vero per me, riguardo a me. Di conseguenza io mi comporto come se quella fosse l’unica vera ed insostituibile realtà. Questo diventa il mio limite invalicabile, fino a che non cambio la mia percezione. Il superamento di tali limiti viene fatto attraverso un processo di modifica della percezione riguardo le mie qualità/possibilità
- L’insieme di tutte le percezioni che riguardano il mondo circostante può essere riprodotto in una mappa, lo spazio/tempo, nel quale inserisco persone o aspetti emotivi, affettivi… in funzioni di ruoli, come fossero dei livelli gerarchici organizzativi. (Il concetto di autorità è un concetto squisitamente organizzativo: chi sta sopra ha un ruolo di aiuto/competenze per ottimizzare il lavoro. Se invece vedo e percepisco tale ruolo come punitivo, ne rovino l’aspetto utilitaristico/organizzativo per il quale l’Autorità è stata creata, vivendola male. Es: rapporto con il padre.)
- Nella mappa, che rappresenta sinteticamente il mio modo di percepire il “fuori di me”, nel momento in cui io traslo (muovo) le persone, le emozioni… il mio percepito, attuo un cambiamento anche delle mie vecchie percezioni: come un’azione di feed-back. Se modifico il livello gerarchico, attribuendo i “giusti” ruoli organizzativi e riproducendo gli ordini gerarchici, allora sto riposizionando le mie percezioni in merito al mio ruolo nella vita (con i genitori, familiari, lavoro, affetti, ostacoli vari…)
- Vado così a creare una nuova mappa che è retroattiva (ecco la mancanza di tempo/spazio) poiché la mia nuova percezione parte dall’inizio delle azioni che sto osservando. Se modifico il rapporto percepito con il Padre, ad es, lo vado a modificare da quando ho il ricordo del rapporto con lui e non solo dal momento presente in avanti. E lo posso fare poiché non vado ad intaccare ciò che è la realtà assoluta, poiché non so neppure cosa sia, ma solo la mia percezione. La modificazione non ha spazio, poiché è frutto di una percezione che non ha tempo, né spazio. Posso modificare ogni cosa percepita, incluso il mio pensiero dell’Universo.
- Il cambiamento così realizzato sollecita anche una reazione nelle altre persone coinvolte, reazione che sarà in funzione del loro percepito (nella propria mappa percettiva) e della loro disponibilità/voglia al cambiamento medesimo. Ciò non implica nulla per il soggetto principale: infatti per lui ciò che conta è il suo percepito, non ciò che è in assoluto o, tantomeno, le reazioni degli altri.
- È tuttavia evidente che mentre un pensiero negativo, che divide, che separa gli uni dagli altri crea un allontanamento e dà il via all’Entropia così come la si intende, è altrettanto evidente che una nuova idea che invece avvicina, che unisce le persone mostrando quanto siamo simili e collegati gli uni agli altri, crea una Entropia positiva (termine che non ha riscontro nella fisica poiché l’Entropia è, per definizione, solo negativa).
- Tutto ciò è possibile, pur in una situazione di percezione individuale (e dunque slegata dal comportamento altrui) dal fatto che innegabilmente siamo tutti uno. L’unità di cui noi siamo una particella, mostra la sua evidenza proprio nella Traslazione spazio/temporale e mostra in modo evidente come siamo tutti collegati. Come dicevano gli antichi Veda: dove c’è separazione, c’è illusione.
- Ci sono una serie infinita di feed-back incrociati: se io modifico positivamente una mia percezione in generale, questo produce una reazione nelle percezioni altrui, ma anche una reazione nelle percezioni verso la mia persona.
- In generale possiamo dire che ogni cambio di percezione apporta un cambio percettivo a livello della totalità, dell’Unità. Ecco come può verificarsi l’effetto valanga di cui si parla ogni tanto, ed ecco spiegato come io individuo potrò essere veramente ed autenticamente libero solo quando l’Unità sarà libera, ovvero solo quando tutti lo saremo.
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